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OST Series: LOST. Nessuno muore da solo.

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Ti stavamo aspettando.

E ora sei qui. Sull’Isola.
Toccati. Ascolta il tuo respiro mentre ti dice che sei vivo. Sei vivo. Non rilassarti, perché non puoi permettertelo.
Ora guardati intorno, lo vedi?
C’è la carcassa del tuo aereo sulla spiaggia.
Li vedi?
Ci sono altri sopravvissuti.
Li senti?
I lamenti di chi sta morendo, le urla di chi chiede aiuto.
Lo percepisci?
Il senso di smarrimento, lo sguardo vacuo di quelli che non possono prendersi nessun dove come quando, ma soprattutto perché.
Ora alzati, muovi quelle gambe, riattiva ogni tua cellula.
Ti stavamo aspettando, tra i perduti.

Se non riusciamo a vivere insieme, moriremo da soli.

C’è un giorno per ogni cosa: E’ il giorno che arriva, nel presente detta quello che sarà il passato e si concede al futuro. Poi c’è Il Giorno. Quello è diverso, capita raramente e quando arriva si muove pesante, come un gigante, scrivendo qualcosa di ben più importante del passato, che è dimenticabile con poco impegno, talvolta. Talvolta no. Il Giorno scrive la storia.
Questo giorno corrisponde al 22 settembre del 2004. in questo mercoledì che ha il compito di segnare l’inizio della stagione autunnale il volo 815 della Oceanic Airlines parte da Sidney diretto a Los Angeles, California, e si schianta su un’isola tropicale nel sud del Pacifico. L’Isola.
Il 22 settembre 2004 l’emittente televisiva statunitense ABC manda in onda la prima parte della puntata pilota di LOST.
Lost segna irrimediabilmente un cambio radicale nella concezione delle Serie TV. Lost è la prima produzione seriale ad impiegare in modo imponente la tecnica narrativa del flashback e del flashforward. Ovviamente non è solo questo che ha reso la serie di J.J. Abrams un culto in tutto il mondo, bensì una trama vincente, un cast rivelatosi poi perfetto (quattordici ruoli principali. La serie si è aggiudicata il cast più numeroso di tutti i tempi, seconda solo a Desperate Housewives), scenografie imponenti, arrivando a dettare quelle che tutt’ora sono le regole base perché una Serie TV funzioni.
C’è un ma: il finale.
Da una parte abbiamo sei stagioni che hanno concentrato nel mistero, nel non detto e nell’irrisolto la loro forza più grande. L’aspettativa che si consumava senza mai spegnersi.
Dall’altra parte c’è un finale che, a primo acchito, può sembrare un po’ troppo semplicistico, e forzato. Insomma, come in molti hanno detto in tutti questi anni: sembrava non sapessero più come chiuderla.
Questo può essere vero, oppure può essere che qualcuno di voi non si sia impegnato abbastanza ad attaccare tutti i cocci (e ce ne sono) ritrovandosi poi a considerare un finale non per quello che è, ma per l’aspettativa che aveva creato.
“Erano già morti fin dall’inizio”.
“Era già stato tutto deciso.”
La realtà è un’altra: il finale di Lost è tanto geniale quanto il resto della serie. Perché?
Perché vi fa parlare della serie stessa (e del finale stesso) ancora oggi, dopo quasi undici anni.

L’isola è un tappo, impedisce al male di diffondersi nel mondo.

Scavalca quello che sei sempre stato. Sopravvivi. Ascolta il rumore che fanno le ossa quando si muovo e sfregano tra loro, perfettamente incastrate l’una all’altra.
Un’istante prima di frantumarsi.
Sentiti. Toccati. Annusati. Assaggiati. Ascoltati.
Sei vivo. Fai parte dei sopravvissuti e questo è l’inizio.
Non un nuovo inizio, ma l’inizio, un altro inizio. Quello nuovo, della tua vita nuova.

Il periodo più importante della tua vita.

Ok.
Arriviamo alla colonna sonora.
Paradossalmente ci sono state colonne sonore migliori, in questa sezione raccogliamo le musiche da film (e da serie tv, in questo caso) che hanno avuto un rilievo importante sulla serie e sulle tv stessa. Questo non vuol dire che la colonna sonora di Lost sia brutta, anzi. Tutt’altro. A tratti è geniale e a breve proverò a spiegare questo mio punto di vista.
Innanzitutto un aneddoto interessante: il primo OST uscito su Soundwall è datato novembre 2013, è la colonna sonora de La Strada di Nick Cave e Warren Ellis. Ok, ascoltate quella colonna sonora, poi ascoltate quella di Lost. E’ innegabile l’ispirazione: il pianoforte, gli archi, i soundscapes elettronici.
Cominciamo da colui che l’ha composta. Michael Giacchino, americano di origini siciliane ed abruzzesi, è uno tra i compositori americani più popolari, nonché fido compare di Abrams. Infatti la notorietà la raggiunge, per l’appunto, con Lost e Fringe, ma la sua collaborazione con “J.J.” inizia già nel 2001 e più precisamente con Alias.
Il lavoro come compositore di Giacchino comincia ancora prima di quello e più precisamente dai videogiochi; è infatti Stephen Spielberg a commissionargli la colonna sonora del gioco Jurassic Park – il Mondo Perduto, assecondando l’idea del grande regista di voler provare a inserire musiche sinfoniche all’interno di un videogames, cosa piuttosto inconsueta.
Il palmares di Giacchino non si ferma solo a questo, ma è costellato da decine di produzioni cinematografiche. Oltre a seguire Abrams in quasi tutte le sue produzioni (Mission Impossible III, Star Trek, Super 8) Giacchino vanta anche gli scores di numerosi film d’animazione e altri blockbusters. In ultimo, proprio in uscita per quest’anno, la colonna sonora di Jurassic World.
Ma torniamo a noi, come direbbe quel tale, e dunque a Lost.
Per chi ha visto tutte e sei le stagioni in diretta o in “differita”, per tutti coloro che si sono mangiati le unghie aspettando di scoprire che diavolo fosse il fumo nero e il motivo di tutti quei bizzarri flashforward, la luce, la purezza, il male che si annida nel mondo e sull’isola, quella musica, quei passaggi di archi e di pianoforte, sono stati la nuvola sulla quale sedersi e aspettare che qualcosa arrivasse.
C’è un’altra cosa, inoltre, sicuramente la più importante: la serie è ambientata (al presente / nella realtà) in un luogo dove non può esserci musica. Dove possono e ci devono essere i rumori, ma non i suoni.
E invece ci sono.
Ricordo in modo speciale un paio di scene: il tramonto sulla spiaggia ed Hugo che ascolta, da un lettore CD portatile “Delicate” di Damian Rice.
La prima volta che nella serie appare la figura di Desmond, ovvero la prima scena della prima puntata della seconda stagione. Per tutti fu un colpo ritrovarsi all’interno di una casa, una casa vera, con tanto di cyclette, lavandino e piatti, letti, lavatrici ed uno sconosciuto che sfila da una libreria un disco di Mama Cass Elliott e quella che suona sotto la puntina è la meravigliosa “Make Your Own Kind Of Music”. Il primo pensiero va al flashback, ma non è vero. Quella casa è sull’isola.
Ecco, questi sono i colpi innegabilmente perfetti della colonna sonora di Lost, quando la musica assume un valore fondamentale, appropriandosi di un contesto non suo.
Ma la verità è un’altra ancora. Probabilmente.
La verità è che una cosa come Lost è una breccia, è il varco che si allarga e permette a tutti gli altri di entrare. Questo vale anche per la sua colonna sonora, molto banalmente.

Nessuno muore da solo.

C’è un cane bianco che corre sfiorando i tronchi degli alberi, tra le foglie secche. Abbaia per richiamare l’attenzione. Si muove sinuoso, le fauci aperte e la lingua a prendersi l’aria, quella stessa aria che ti verrà a mancare.
Guarda questo cane, senti il suo pelo morbido mentre si accuccia al tuo fianco e aspetta.
Prenditi il tuo tempo, il tuo spazio.
Ora puoi congedarti.
Nessuno muore da solo.

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